Il lago
Il lago di Bracciano, originariamente chiamato anche lago Sabatino (latino: Lacus Sabatinus), si trova ad una quota di 164 m s.l.m e riempie una depressione di origine vulcanica e tettonica, con un perimetro di 36 km e una superficie di circa 57 km, che ne fa il settimo lago italiano per estensione (il terzo del Centro Italia dopo il lago Trasimeno e quello di Bolsena) e il quinto per volume d’acqua contenuta nell’invaso (Ambrosetti e Barbanti, 1992). La sua profondità massima di 165 m, lo rende il sesto lago italiano per profondità (il secondo del centro Italia dopo il lago Albano).
Il lago è alimentato da grosse sorgenti sotterranee e riceve il contributo di piccoli fossi immissari. Il fiume Arrone è l’unico emissario, ma il contributo del lago alla portata del corso d’acqua è da considerarsi minimo, a causa di una traversa a soglia, costruita nel 1500 e restaurata negli anni ‘60, che solleva il livello di trabocco del lago, che in genere è posto circa un metro sotto la quota di sfioro. Tendenzialmente, negli ultimi anni, il fiume Arrone risulta essere totalmente asciutto nel suo tratto iniziale, non essendo prevista una soglia di sfioro minore che possa permettere uno scorrimento superficiale adeguato con un Minimo Deflusso Vitale. Solo dopo l’apporto delle acque sorgive termali Giulia e Claudia e del depuratore a servizio dei comuni rivieraschi del lago di Bracciano, la portata del corso d’acqua diventa rilevante (Provincia di Roma e ARPA Lazio, 2007).
Le aree forestali
Il paesaggio forestale del comprensorio del Lago di Bracciano è dominato dai castagneti. Essi dominano nel distretto collinare tra Bracciano, Trevignano Romano, Sutri e Bassano Romano. Le cure colturali, oltre allo sfrondamento della chioma, la selezione di cultivar domestici (“marroni”) e l’eventuale innesto di varietà pregiate, hanno previsto per secoli la ripulitura del sottobosco e quindi la rimozione continuata di tutta la flora legnosa colonizzatrice. Nell’ultimo secolo, in vaste aree della penisola sono state sospese le cure colturali con il risultato che popolamenti puri derivati da soprassuoli da frutto si sono lentamente trasformati in boschi misti di latifoglie decidue a castagno, arricchendosi di rinnovazione di specie legnose dai boschi limitrofi. Questo processo è rilevabile sui castagneti di tutti i rilievi vulcanici della regione e il distretto Sabatino non fa eccezione. I castagneti nei quali non vengono effettuate cure colturali sono colonizzati da selvaggioni di cerro, faggio, carpino bianco e, soprattutto rovere.
Nella faggeta di Monte Raschio è visibile una plateale linea di demarcazione fra un castagneto “domestico” (oggi rappresentato da un ceduo verosimilmente derivato da precedenti popolamenti da frutto) e la foresta ad alto fusto circostante, dominata da cerro, carpino bianco, faggio, castagno, raramente rovere e leccio. La faggeta su Monte Raschio e quella di Monte Termine si presentano ad altitudini sempre al di sotto dei 600 m, anche a quote di 300 m, tra le più basse registrate per questa pianta nel Lazio ed in Italia centro-meridionale. Sono infatti delle “faggete depresse”, cioè faggete che si trovano nettamente al di sotto della quota normalmente occupata in Appennino ed è stato istituito un SIC (Sito di Importanza Comunitaria) per tutelare questa significativa presenza. In questi boschi, il faggio si presenta puro o misto al cerro e al castagno.
Formazioni di cerrete sono localizzate nella stessa fascia di territorio occupata dai cedui di castagno, occupando altitudini inferiori o, a parità di quota, le esposizioni più calde. La maggior parte delle cerrete è attualmente governata a ceduo matricinato.
Foreste e boscaglie dominate da leccio (Quercus ilex), si rinvengono prevalentemente su pendici acclivi, all’interno delle caldere di Bracciano (Macchia delle Coste) e di Martignano, oltre ad alcuni nuclei in località Pizzo Prato.
Le formazioni legnose ripariali localizzate sulle sponde dei laghi di Bracciano e Martignano sono a sviluppo lineare, discontinuo, di estensione molto spesso limitata a poche decine di metri quadri. Sono presenti boschetti di pioppo bianco (Populus alba) sulle rive del lago di Bracciano e Martignano, formazioni molto degradate e discontinue, a cui si alternano individui isolati o piccoli gruppi di pioppo nero (Populus nigra), mentre boschetti di ontano nero (Alnus glutinosa) sono stati individuati presso Trevignano R. loc. Le Pantane.
Importante riserva naturale ed ecosistema specifico con alto valore di biodiversità, i fragmiteti inquadrati nel Phragmitetum australis sono stati rilevati ai bordi dell’ontaneto, in località Le Pantane (Trevignano), e nel tratto tra Anguillara e Trevignano.
Le aree agricole
La filiera cerealicola (colture industriali) copre una gran parte della superficie agricola (in particolare nei Comuni di Roma e Anguillara Sabazia), con prevalenza di coltivazioni cerealicole e proteaginose, come, in ordine di importanza, grano duro, orzo, frumento tenero e mais, oltre a colza e girasole.
I vigneti, altamente parcellizzati, così come gli oliveti, sono prevalentemente presenti nel territorio di Trevignano Romano (gli oliveti anche in prossimità della costa del lago nel Comune di Bracciano).
La filiera dell’ortofrutta è caratterizzata da una rilevante produzione orticola (broccoletti e ortive del lago). Nel territorio di Anguillara Sabazia la produzione dei broccoletti insiste su una superficie di 120/150 ettari per una produzione media per ettaro pari a circa 100 quintali. Per quanto riguarda le “ortive del lago”, a Trevignano Romano c’è un buon numero di produttori, la maggior parte dei quali fanno capo alla Cooperativa Agricola locale. Le produzioni più rilevanti sono quelle del pomodoro, della zucchina, delle insalate, della melanzana e del peperone, effettuate da piccoli produttori che da alcuni anni sono impegnati in una coltivazione “integrata” dei propri terreni a basso impatto di prodotti chimici.